Growth Hacking e Cultura Digitale: l’intervista a Raffaele Gaito

Growth Hacking e Cultura Digitale: l’intervista a Raffaele Gaito 1200 506 G. Luca Propato

Si definisce multipotenziale, si allena per diventare Batman e ha scritto un libro che ha cambiato la percezione del Growth Hacking in Italia. Sto parlando di lui, Raffaele Gaito.

Uno dei docenti della Bloo Academy e autore di “#Growth Hacker: Mindset e strumenti per far crescere il tuo business”, che proprio nei prossimi giorni sarà qui per incontrare tutti gli appassionati del settore e per un corso unico, un vero laboratorio pratico.

L’intervista

Una chiacchierata tra Raffaele e me, in cui quest’ultimo mi ha svelato qual è la sua visione delle aziende italiane, dell’attuale mercato del lavoro e della cultura digitale nel nostro Paese.

Partiamo da te. In diverse interviste e nella Bio sul tuo Blog ti definisci “multipotenziale”, riprendendo un concetto di Emilie Wapnick: secondo te perché è importante, nel mercato attuale del lavoro, avere questa caratteristica?

Perché credo che sia un mercato del lavoro in continua evoluzione e in continuo cambiamento. Il digitale ha completamente cambiato le regole del gioco e in un contesto di questo tipo c’è sempre più bisogno di multidisciplinarietà, curiosità e adattabilità… che poi sono le caratteristiche principali dei multipotenziali. E di questo cambiamento se ne stanno accorgendo anche le grandi aziende: c’è sempre più bisogno di persone che siano in grado di parlare più lingue e far comunicare tra di loro gli specialisti che, purtroppo, hanno ancora troppo spesso i paraocchi. Siamo nel 2018 e ancora si vedono aziende dove il reparto marketing non sa cosa fa il customer care o il reparto sales non ha mai interagito con i programmatori, e così via.

I multipotenziali sono degli ottimi “interpreti” perché hanno una gamma di competenze molto più ampie dello specialista, hanno esperienze passate molto diversificate e riescono a muoversi con disinvoltura tra un contesto e un altro. Diciamo che finalmente la terribile espressione “se sai fare un po’ di tutto allora non sai fare niente” ha i giorni contati!

Descrivici il Growth Hacker ideale: quali dovrebbero essere le sue hard e soft skills?

Il Growth Hacker ideale non esiste, se esiste lavora su progetti suoi o si fa pagare a peso d’oro!
Diciamo che, in ordine sparso, ti posso buttare lì qualche caratteristica tipica di questa figura:

  • Ha spirito imprenditoriale
  • È disciplinato
  • È un leader
  • È un portavoce
  • È orientato ai dati
  • È curioso

Attenzione però, non deve essere scambiato per un manager. Il growth hacker gestisce il processo, non le persone. Ecco perché l’ho definito un leader!

In linea di massima direi che il bilanciamento tra la curiosità e l’orientamento ai dati è la vera chiave di volta tra un bravo growth hacker e uno “nella media”. Il Growth Hacker si chiede il perché di qualsiasi cosa e vuole smontare la scatola per capire come funziona!

Questa figura rappresenta una risorsa importante, soprattutto nel contesto odierno: secondo te ci sarà una risonanza concreta nelle aziende italiane?

Questo non so dirtelo, non ho la sfera magica.
Io me lo auguro, ma mi rendo anche conto che non c’è modo di far avvenire questo cambiamento finché si parla un linguaggio tecnico riservato a un’elite di addetti ai lavori.
Un po’ tutti dovremmo provare a semplificare e rendere accessibili certi concetti, modelli e strumenti per far sì che ci sia un vero impatto nelle aziende italiane.

Come si fa questo? Mettendosi nei panni degli imprenditori (non esistono solo le startup digital) cercando di capire i loro problemi reali e proporre un modo di affrontare e risolvere questi problemi. Una volta che porti risultati chi se ne frega se il metodo ha un nome o meno e se questo nome è growth hacking o un altro.

L’obiettivo della Bloo Academy, con cui hai già collaborato, è quello di salvaguardare e migliorare la Cultura Digitale. Tu hai contribuito ad aggiungere un tassello con la scrittura del libro e hai incontrato molte persone in vari eventi. Secondo te qual è davvero lo stato della cultura digitale in Italia?

In parte la risposta l’ho già data nella domanda precedente. Credo che ci sia una profonda spaccatura tra il circoletto di addetti ai lavori che se la canta e se la suona con i suoi eventi, le sue belle presentazioni e i paroloni in inglese incomprensibili. La verità è che poi li fuori c’è un mondo di imprese “tradizionali” (passami il termine, anche se lo odio) che ancora non usa manco un CRM o un tool di gestione del tempo e dei task.

E non possiamo dare la colpa agli imprenditori, sarebbe una visione parziale, falsata e semplificata della questione. La colpa è nostra, di chi ha la responsabilità di “impugnare il microfono” e parlare di certi temi. Se non scendiamo dal piedistallo e non rendiamo i concetti accessibili a chi ne ha veramente bisogno, allora ne abbiamo ancora tanta di strada da fare…

Ormai è noto che aspiri a diventare un vero super-eroe, Batman. Ma se dovessi essere un “cattivo”, quale sceglieresti?

Beh io adoro Batman perché non è un buono, nel senso classico del termine. Per capirci, non è un Superman o uno Spiderman che puoi definire al 100% bravi ragazzi. Batman è tormentato e sa che deve scendere a compromessi e molto spesso è spinto da interessi personali…

Ma provo a rispondere alla tua domanda in maniera più precisa. Se dovessi scegliere un cattivo lo pescherei da altri contesti e non dall’universo di Batman. I primi nomi che mi vengono in mente sono Benjamin Linus di Lost e Vegeta di Dragon Ball e, come vedi, in entrambi i casi sono andato a pescare personaggi che non puoi definire in maniera netta come “buoni” o “cattivi” perché tutto dipende molto dal punto di vista e dalle situazioni. Questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato di alcuni cattivi…

Vuoi costruire un’identità aziendale unica, comunicare con le giuste parole, individuare i tuoi migliori clienti e trovare nuovi modi per acquisirne di più? Allora scopri subito il nostro Metodo Human Marketing!